“Dove sei?” – La rabbia delle donne, oggi.

Scorre un pensiero, un vissuto, mio ma non mio; è qualcosa di me, di te, di noi…è nostro, di noi donne di ieri e di oggi e scorre dall’una all’altra arricchendosi di sfumature di luce e ombra insieme. Lo lascio scorrere e parlare, per me, per te, per noi…libero…

“Assaggi di bellezza che lasciano la fame,

solitudine piena di domande,

una revisione del passato alla ricerca dell’intoppo.

“Cosa ho sbagliato? Cosa non ho visto? Cosa avrei potuto fare?”

Un orizzonte deserto,

nostalgia disperata per quello sprazzo di cielo ora oscurato.

“Eppure ero consapevole, eppure ho scelto, eppure ho trasformato molte cose in me.”

E la disperazione aumenta insieme alla rabbia,

alimentate dalle prove di fatti,

alimentate da fatti che non accadono.

Ieri era la rabbia antica e tramandata di “me” donna repressa, rinchiusa, richiusa, ferita, abbandonata, usata e abusata che ha rivendicato ogni diritto, che ha  alimentato la forza per dire “no”, per reagire a qualcosa che teneva lontano dall’espressione di me. Una forza compatta, propulsiva, reattiva e direzionata a non far accadere più quello che mia madre, mia nonna, la mia bisnonna e ancora indietro avevano subito senza sapere che altro in loro c’era. E così come donna ho tolto potere all’altro di determinare la mia vita, ho preso il timone della mia vita e con forza e fatica mi sono resa autonoma e distinta da quanto più mi opprimeva. Indipendente, autonoma libera e sola. Di quella solitudine che gratifica. Fa compiere esperienze il cui “merito” è solo tuo. Tappe conquistate con la gioia di essere arrivata là dove neanche pensavo. Autonomia di azione, di pensiero e di emozione. Nessun bisogno di protezione “perché mi proteggo da sola”, nessun bisogno di cura “perché non devi essere tu a curare le mie ferite”, nessun bisogno di attenzione e di belle parole “perché a me ci penso io e riconosco il mio valore”.

E allora desiderio di condivisione profonda, di sperimentare qualcosa di nuovo che neanche si sa, di mettere in comunicazione un flusso pieno con un altro pieno perché a nessuno è chiesto di riempire il vuoto.

Ma… “Lui” dov’è? Dove sei?

Disperazione che scava negli angoli più nascosti e fa emergere cose elaborate tanti anni fa, ma fresche come neve nuova e che fa emergere sensazioni di esclusione che allontanano dal credere possibile quel brandello di cielo ancora.

Rabbia. Io ci sono perché te non ci sei? Come sarà possibile trovare qualcuno di questa profondità? E perché tu che la vivi non la scegli? Rabbia. Di oggi. Perché se tu non la metti in circolo io scorro da sola. Rabbia perché ti voglio pronto a qualcosa che non so, ma che vorrei davvero scoprire con te. Ora.

Rabbia e disperazione. Perché non ci sei. Perché dici di no a questa bellezza fra le mani. Perché mi sento impotente e frustrata nella potenzialità.

È una rabbia nuova. Non più la rabbia di rivalsa, la rabbia della prevaricazione. È una rabbia che parla di sfiducia. Che guarda al mondo con un filtro incollato alla ricerca inconsapevole della conferma di un “no” a quello che vorrei vivere. È una rabbia che si somma alla rabbia di altre donne con me e che come me cercano altro ma non credono davvero che ci sarà. E allora concorro e concorriamo a quell’orizzonte abbassato. E allora concorro e concorriamo a quel tempo di rivelazione sempre più infinito e sfinente da vivere.

Dove è “Lui”? Dove sei?

Oltre la mia rabbia e la mia disperazione.

Una frequenza cieca che mina nella solitudine e gira quelle stesse domande a me stessa. Ci sono davvero io per me stessa? Credo davvero alla potenza della mia profondità? So dire di no a quello che questo non è? Scelgo davvero questo nuovo sentire? Ci credo? Mi fido? La fiducia non può avere prove. Nel bilico fra lasciare  la vecchia rabbia e credere nel nuovo…si alimenta la rabbia di oggi nel cercare e vedere prove intrise comunque di passato e di quello che è mio.

Dove sei?

Oltre la mia rabbia e la mia disperazione.

Posso solo abbandonare le mie ragioni, sospendere il giudizio implacabile, fare un passo indietro di fronte alle definizioni di te piene di rabbia e rancore che si sono stratificate, mettere in dubbio le prove continue alla tua inesistenza e ammettere tutta la disperazione e la rabbia perché tu non ci sei ora.

Non è colpa tua. Non è colpa mia.

Quello che abbiamo condiviso è la prova tangibile che il cielo immenso per me c’è.

Ma ogni nuvola deve scaricare la sua pioggia di lacrime perché il cielo si faccia sempre più chiaro e terso. Nostalgia di ricordi e momenti che non sono più ma che saranno ancora quanto prima attraverso ogni rabbia e ogni disperazione.

Sei quanto più vicino quanto più credo che ci sei.

Quanto più pulisco l’idea scura che ho di te.

Quanto più mi fido del tuo percorso.

Quanto più mi fido del mio percorso.

Quanto più mi fido.”