Generazione a progetto – “Staremo a vedere”

Siamo un gruppo, confuso tra gli elenchi e le statistiche, di giovani che vivono le loro attività “a progetto”.

Siamo quelli che la progettazione ce l’hanno nel DNA da quanto l’hanno studiata e provata;

siamo quelli per cui l’analisi del contesto è qualcosa che facciamo anche per scegliere un ristorante in cui passare la serata;

siamo quelli che fanno una valutazione costi/benefici di quello stesso ristorante;

siamo quelli che conoscono tutte le sigle e gli enti promotori e finanziatori;

siamo quelli che leggono progetti attenti come fossero cartelli segnaletici;

siamo quelli che sanno che ogni azione è finalizzata a un obiettivo specifico per il raggiungimento dell’obiettivo generale;

siamo quelli che tra un progetto e l’altro incastrano la vita privata;

siamo quelli per cui progettare ….diventa un po’ come vivere.

Usciamo dall’università con le slide stampate in testa di tutti i passaggi essenziali per una buona progettazione, sappiamo dove trovare bandi, materiali, informazioni e sappiamo anche fin troppo bene che un buon progetto non è sinonimo di certezza di approvazione.

Eventi, iniziative, programmi di intervento, proposte di prevenzione…tutto passa da una precisa progettazione che parte da un bando e che apre le porte dello “staremo a vedere”.

E allora proviamo a progettare, proponiamo, mettiamo a punto. Cerchiamo di tradurre un’idea, un input e cerchiamo di declinarlo in tutte le sue voci al punto che non sappiamo neanche più quale scintilla era quella che accendeva i motori…: target, analisi del problema, obiettivi specifici, obiettivo generale, metodologie, tempi, costi, valutazioni…..segmentare e parcellizzare. Avere la visione di insieme e scendere nel dettaglio, dare un prezzo al proprio lavoro, immaginarlo, immaginarlo nel dettaglio, immaginarne gli imprevisti, immaginare i punti di forza e di criticità, pensare alle strategie per ovviarli. Righe scritte…zero.

Leggiamo bandi…cerchiamo di capirli, di decifrare la richiesta, di tradurre nel linguaggio del parlato per portarlo qui, sentirlo e metterci qualcosa di nostro, che fra le procedure si perde. E poi perdersi nelle richieste di modulistiche, intopparsi per un foglio, per un modulo, in una piattaforma digitale che, puntualmente, si blocca.

E in qualche modo riusciamo, progettiamo e con un click…inviamo. Nei canali digitali il nostro progetto va, talvolta più sicuri di quello che abbiamo proposto, talvolta consapevoli di aver provato ad alzare l’asticella. Dubbi…tanti. “Potevo scrivere, aggiungere, mettere….ormai è inviato, ok”.

Quindi: “staremo a vedere”. E subito alla ricerca di un nuovo bando o di una nuova idea. Perché la vita va avanti e il tuo “progetto” di vita è fatto di tanti piccoli progetti. E se il progetto parte allora c’è da metterlo in pratica, da prepararlo in concreto, da farlo in tutto e per tutto….ed è un tempo che impieghi extra progetto che non sai che valore ha. Tempo tuo in auto mentre torni a casa, mentre vivi il week end che si mescola nonostante la buona volontà a staccare. Perché l’ascolto, l’osservazione, l’idea creativa non è on/off, è accesa anche nella quiete pronta a farti dire “mi è venuta un’idea!”.

E poi c’è il pratico: affitto, auto, spese, tempi…. “Me la danno una casa in affitto con i lavori a progetto?”, “Lo prendo un finanziamento per l’auto con i  lavori a progetto?”  “La pensione?….Pensiamoci!”; “Vacanze?.. Forse!”;  “Mi ammalo…non produco!”. “A fine di questo progetto che farò?”;  “Pensa ora al successivo, fatti venire un’idea, nuova, diversa dalla tua, diversa da quella degli altri.”  Gestione dei soldi? Dal niente al botto tutto insieme della retribuzione del progetto da spalmare in 4 mesi….”No, non bastano!”. Pensieri a lungo termine? “Staremo a vedere”.

Ancora progetti, pensieri, idee, pezzetti di te che vanno nell’etere alla ricerca di un sì.

A volte arrivano proposte di progetti a cui non avevi pensato. E allora dici di sì, la prendi come occasione di messa in gioco, ti fidi che possa essere qualcosa per te a cui tu non avresti mai pensato, ma….perchè no? I no si “pagano”. Ti ci immergi, progetti….dal particolare al generale e viceversa, formuli una nuova idea di te che ti accattiva. Ma così come arriva…così lo stop, la fine, il progetto non prosegue. Un potenziale che non vede luce, una spinta che si ricurva in te e fa male, un figlio non nato che non muore, ma sta lì e frizza.

E impari o per lo meno ti dici che hai imparato tante cose, che hai fatto esperienza, che ti sei concesso di essere qualcosa di diverso e che presto o tardi ti accorgerai dell’utilità di tutto questo e ti ritroverai a ripescare quelle cose che erano pronte, ma che non sono nate. E magari già li vedi i risultati, però nell’attesa che il potenziale prenda una forma ancora più appagante niente ti toglie amarezza, dubbio e sfiducia.

Ma ancora progetti, perché la vita concreta si paga. Ed è difficile lasciare lo spazio di indeterminazione e di imprevisto a che qualcosa ti raggiunga…è difficile non cadere nella tentazione di cercare di individuare ancora più nel dettaglio i fattori di rischio alla caduta… e allora per non cadere in un circolo nevrotico e ossessivo….per lo meno sospendi l’idea di dover correre ai ripari e volgi la testa, il corpo, il cuore a quei progetti che covi da anni, che vedi come sogni ipotetici, che pensi in ogni dettaglio, che sono sempre attivi, che stanno lì nel foglio word sempre pronto a essere ripreso, ampliato e dettagliato. Sono i progetti che ti bussano alla porta e che in un attimo ti ritrovi scritti, come sintesi perfetta di un ascolto continuo….e veloce come quel click ti trovi a viverlo e a sentire che non potevi che essere tu, lì in quel momento, con quelle persone, in quella situazione.

 

E i progetti del cuore? Per quelli non c’è analisi, metodologia, prassi da seguire. Ti trovi con una mano nella tua, con gli occhi negli occhi e un abisso di sentire e ti ritrovi a chiederti “Cosa c’era di male nel mio progetto?” e te lo chiedi una sera, quando il vortice della progettazione che ti campa ti lascia tregua e ti rendi conto di aver seguito un’idea di progetto che nello “staremo a vedere” nascondeva la speranza di un lungo termine… che però è terminato. Puoi fare tutte le valutazioni che vuoi, puoi ripensare a ogni passo, ma lo sai fin troppo bene che questo non cambia la realtà e non ti dà risposte. La risposta forse non ci sarà mai, ci sarà il tempo, non calcolabile, non prevedibile, che ci farà essere in un nuovo progetto accartocciati, scettici, sfiduciati, doloranti ma forse consapevoli che quel dolore così tremendo è perché abbiamo tremendamente voglia di viverlo ancora quel progetto del cuore.